Il mio blog di naturopatia e iridologia

L' arte della Spagyria

L' arte della Spagyria

Con questo articolo inizio a parlarti con grande entusiasmo, ma anche timore reverenziale, di Spagyria.

Per introdurre la Spagyria, però, non posso non accennare prima all’Alchimia. Avrai forse già letto i miei precedenti articoli sull’Alchimia (la visione alchemica e le pratiche alchemiche); in essi ti presento l'Alchimia come percorso trasformativo per la crescita interiore, ma per laboratorio alchemico non si intende solo quello all’interno dell’essere umano, ma anche un vero e proprio laboratorio chimico in cui avvenivano reazioni, a volte anche violente e letali.

Gli Alchimisti, oltre a percorrere un cammino spirituale interiore, si erano prefissati anche lo scopo di riprodurre in piccolo nel loro laboratorio ciò che il Creatore ha realizzato in grande e, per fare questo, avevano bisogno di manipolare la materia e di trovare, preservare ed estrarre quello spirito universale, quella forza vitale che è presente in ogni opera del Creato, vivente e non vivente. L’alito divino, il nitro filosofico degli alchimisti, che esiste in ogni cosa.

L’Alchimia, dunque, ha un aspetto profondamente spirituale, ma è costituita anche da una parte molto pratica. Scienza e spiritualità si fondono insieme ed il decorso delle reazioni chimiche va di pari passo con il percorso di evoluzione spirituale dell’alchimista.

Lo stesso successo o meno di una reazione alchemica è sì dato dall’utilizzo delle giuste sostanze nelle giuste proporzioni, ma soprattutto dallo stato interiore dell’alchimista. Ed ancora oggi è così, tant’è che la stessa chimica non è riuscita a spiegare esaustivamente alcune reazioni alchemiche, al punto da credere che non si siano mai verificate.

Parlare della vera, originaria Alchimia, è molto complesso e non è questo lo scopo di questo articolo, ma ci tengo a trasmetterti una meravigliosa esperienza che ho vissuto in prima persona questa primavera, quando ho partecipato ad un corso, in un monastero sui monti delle Marche, tenuto dall’uomo che per primo mi ha insegnato la Spagyria (il dr Joseph Cannillo).

Sono stati tre giorni magici, ma la cosa che più mi ha colpita è stato ammirare per la prima volta un alchimista all’opera. Mi sono emozionata al punto da commuovermi. Vedere un alchimista all’opera non è come vedere un chimico; c’è un tale raccoglimento ed una tale sacralità in lui, nei suoi movimenti ed in quel che succede, che nulla ha a che vedere con la scienza come la intendiamo noi. È qualcosa di molto più legato alla connessione tra sé e l’Universo, tra il divino fuori e dentro di noi.

Io sono un chimico ed ho eseguito analisi in laboratorio per 9 anni. Mi piaceva moltissimo toccare la chimica con mano, ma ti assicuro che meravigliarsi davanti alla bellezza di una reazione, (come si può fare davanti ad una soluzione gialla che, con il giusto reagente, si trasforma in un precipitato solido bianco), non racchiude neanche un briciolo della consapevolezza che ha un chimico che è anche alchimista. A quei tempi le mie analisi preferite erano quelle effettuate su campioni in matrice carboniosa che dovevo trattare, (solubilizzando, precipitando, calcinando, purificando, ecc.), per estrarre del metallo prezioso, che infine diveniva puro al 99%. E, per quanto mi piacesse eseguire queste analisi, oggi so che allora non riuscivo ad apprezzarne totalmente la bellezza, perché non ero consapevole di quanto fosse vicino all’Alchimia ciò che stavo compiendo.

Fatta questa doverosa premessa, possiamo approcciare alla Spagyria. Essa è una costola dell’Achimia, ne è strettamente correlata, proprio perché sfrutta tutti i principi teorici e pratici di questa antichissima scienza. Quando si parla di Spagyria la si associa a Paracelso, ma non fu Paracelso il primo spagyrista: egli raccolse, sintetizzò e rese note in Occidente le già antiche conoscenze orientali.

La Spagyria è quel ramo dell’Alchimia orientato alla cura delle persone, attraverso la preparazione di rimedi naturali che hanno origine da piante, pietre, animali, ecc., il cui trattamento è ben definito dai principi alchemici ed è quindi mirato ad infondere nel rimedio curativo quello spirito universale che è vita ed armonia.

Proprio in virtù di queste caratteristiche, un rimedio spagyrico è un rimedio che agisce su tutti i piani dell’essere umano, quindi fisico, energetico, psico-emotivo ed anche spirituale. E proprio per tale ragione i rimedi spagyrici sono, a mio avviso, tra i più potenti che abbiamo a disposizione. Non perché siano dei potenti farmaci salvavita, ma perché hanno la capacità di aiutare l’uomo a ritrovare il proprio equilibrio su tutti i piani della sua esistenza.

Eppure lo scopo ultimo dello spagyrista non era la salute; essa veniva considerata un mezzo: un uomo in salute può così intraprendere un percorso spirituale, che lo porta a connettersi con il divino, in primis quello dentro se stesso (perché il divino è qualcosa di interiore e non di esteriore).

Inoltre, lo spagyrista poteva curare, ma era la persona malata ad avere la facoltà di guarire o meno. Lo spagyrista metteva “semplicemente” al servizio della persona la propria saggezza, ma la guarigione era nelle mani della persona stessa.

Anche il concetto di malattia era ben diverso da quello a cui siamo abituati oggi. Prima di tutto, non si identificava la malattia con il sintomo che la esprimeva e non si aveva come obiettivo quello di eliminare quest’ultimo, (della serie ho mal di testa e prendo il farmaco che lo fa passare); la scomparsa del sintomo era una conseguenza, poiché si cercava e trattava la causa che generava la malattia. Tenendo anche in considerazione che ogni persona è diversa da un’altra e dunque il trattamento della malattia, oltre che volto alla causa, doveva essere personalizzato.

La malattia poteva avere sì delle cause fisiche, (intese come “veleni” ambientali), ma dipendeva per lo più da uno stato interiore. Si possono dare diversi nomi ai differenti stati morbosi, ma per la Spagyria la malattia aveva una sola causa: l’allontanamento dal divino, inteso come l’allontanamento da sé e, in sostanza, l’inconsapevolezza di chi si è e dove si sta andando.

La naturopatia sposa della Spagyria tutti questi concetti che, non solo cambiano la visione della salute e della malattia, ma cambiano completamente anche la visione della vita, (come è successo a me), pur scindendo chiaramente il concetto di spiritualità da ogni forma di religione.

Tre sono i principi su cui si fonda la Spagyria e dunque la preparazione di un rimedio spagyrico: mercurio, zolfo e sale (da non intendersi letteralmente dal punto di vista chimico).

Il sale è legato al regno minerale e nell’uomo è il corpo, lo zolfo è legato al regno vegetale ed è l’anima, mercurio è legato al regno animale ed è lo spirito. Lo zolfo è ciò che collega mercurio al sale.

Nei rimedi spagyrici:

  • il mercurio è l’alcool (il solvente, “mestruum”)
  • lo zolfo sono gli olii essenziali della pianta
  • il sale sono il carbonato di potassio e gli oligoelementi della pianta. Il carbonato di potassio è il sale utilizzato per contenere lo spirito universale ed il modo migliore per farlo è esporlo di notte alla luce lunare, in modo che al mattino sia intriso di rugiada, contenente, appunto, la forza vitale (il periodo dell’anno in cui lo spirito universale è più potente sono i giorni intorno alla luna piena dell’equinozio di primavera). Questo è il concetto alchemico del “fissare il volatile e volatilizzare il fisso”. Il sale di rugiada viene poi fatto circolare per lungo tempo.

Sale, circolazione e l’influsso del cielo (della luna e degli altri pianeti) sono i capisaldi della Spagyria.

Come ormai avrai capito, la preparazione (ed anche l’assunzione) di un rimedio spagyrico non è solo chimica, “semplice” fitoterapia. È qualcosa che va ben oltre. Per gli spagyristi la preparazione alchemica serviva a liberare l’intelligenza di una pianta (oppure di una pietra), che era in grado di aiutare l’uomo a ritrovare l’equilibrio fisico, energetico, psico-emotivo e spirituale. E l’uomo veniva considerato un corpo riflettente (il corpo lunare per gli alchimisti), che doveva essere mantenuto pulito (nel corpo fisico e negli altri livelli sottili), affinché potesse correttamente riverberare lo spirito universale, così come un limpido prisma è capace di riflettere la luce, scomponendola e rendendola visibile in tutti i suoi meravigliosi colori.